REGISTRAZIONE MARCHIO E BLOCKCHAIN
La registrazione del marchio d’impresa costituisce, ad oggi, l’unico valido percorso attraverso il quale è possibile acquisire il diritto d’uso esclusivo sul marchio registrato.
Ai sensi dell’art. 2 c.p.i., infatti, i diritti di proprietà industriale, quali il diritto d’uso esclusivo del marchio, si acquistano mediante la registrazione secondo le norme previste dallo stesso codice. Solo la registrazione del marchio, e la relativa iscrizione nel Registro dei Marchi, tenuto dagli Uffici competenti (l’UIBM in Italia e l’EUIPO per l’U.e.) dà luogo al relativo titolo di proprietà industriale.
Ci si è chiesti se le nuove tecnologie, ed in particolare la blockchain, che consiste in un database distribuito che usa la crittografia per garantire la sicurezza e l’originalità di dati, possano costituire una certificazione alternativa e/o equivalente alla registrazione del marchio, ai sensi del codice della proprietà industriale.
La risposta è negativa!
Il sistema delle applicazioni blockchain consente all’utente di ottenere, tramite la registrazione di una transazione blockchain, un codice identificativo, generato attraverso un procedimento crittografico, che individua in maniera inequivocabile l’oggetto della transazione con una corrispondente marcatura temporale.
Quindi con la blockchain è possibile fornire una prova certa circa l’esistenza, ad una determinata data, di una serie di dati registrabili, tra cui, appunto, un determinato logo o una denominazione, o altro segno distintivo.
Tuttavia, tale prova sarebbe limitata all’esistenza del marchio, ed all’eventuale prova d’uso, qualora detta prova documentale dovesse essere inserita nella transazione blockchain, ma non potrebbe garantire né la pubblicità erga omnes, garantita dal Registro pubblico dei marchi tenuti dagli Uffici competenti, né il procedimento di verifica dei requisiti di validità del marchio, che precede la registrazione, ad opera degli Uffici pubblici (capacità distintiva e liceità) e dei terzi aventi diritti anteriori, eventuali opponenti.
Attraverso la blockchain, dunque, sarebbe possibile dimostrare esclusivamente l’esistenza di un marchio di fatto (non registrato, ai sensi delle norme vigenti), mentre non sarebbe possibile dimostrare l’uso nel mercato di detto marchio, né tanto meno sarebbe possibile dimostrarne la notorietà qualificata presso il pubblico dei consumatori per un territorio diffuso, che costituisce il requisito essenziale affinché il titolare di un marchio di fatto possa impedire ad un terzo di registrare un marchio simile o identico.
Quindi, ad oggi, se un imprenditore si limitasse a “certificare” l’esistenza del proprio marchio soltanto tramite una transazione blockchain, rischierebbe un domani di non poter contestare la registrazione di un marchio simile o identico al suo, per la stessa tipologia di prodotti e/o servizi, successivamente depositato da un terzo concorrente.
Il nostro ordinamento giuridico, infatti, prevede che un marchio di fatto (anche se “certificato” tramite blockchain), con notorietà puramente locale, non pregiudica il requisito della “novità” del marchio di cui un terzo dovesse successivamente richiedere la registrazione.
In altri termini, la sola registrazione tramite blockchain di un marchio, non impedirebbe ad un concorrente di registrare validamente un marchio d’impresa nel Registro dei Marchi.
Al contrario, la registrazione di un marchio d’impresa, tramite il deposito di una domanda di registrazione rivolta agli Uffici competenti, renderebbe inefficace qualsiasi registrazione tramite blockchain, in ordine al diritto d’uso esclusivo in capo al richiedente.